Spesso nei workshop sulla TSS ci viene posta questa domanda “Ma la Terapia a Seduta Singola si può utilizzare per il trattamento di disturbi psicopatologici gravi?”
Con l’articolo di oggi proveremo a dare una risposta a questa domanda, presentando il modello di Terapia a Seduta Singola per l’emergenza psichiatrica applicata nel Psichiatric Denver Health Medical Center, in particolare nel Psychiatric Emergency Services del Department of Behavioral Health a Denver in Colorado.
Come viene riconosciuta la crisi e identificato il fattore scatenante nel Servizio di Emergenza Psichiatrica di Denver?
Il modello utilizza il concetto di crisi come quadro per la valutazione e il trattamento delle emergenze psichiatriche, partendo dal presupposto che una crisi si verifica quando le abituali capacità di coping di una persona non sono adeguate ad affrontare gli eventi stressanti della vita. La crisi pertanto può presentarsi in diverse circostanze:
- può essere accelerata da una malattia medica o da conflitti interpersonali;
- l’ansia, la depressione, il senso di sentirsi sopraffatti o l’ideazione suicidaria possono presentarsi anche in pazienti con una storia di trattamento psichiatrico breve e un alto livello di funzionamento;
- può presentarsi in pazienti che manifestano abilità primitive di coping e con somatizzazioni;
- può riferirsi al peggioramento di sintomi in pazienti con malattia psichiatrica cronica (ad es. aumento dell’ideazione suicidaria in pazienti con disturbo borderline di personalità).
Come funziona la Terapia a Seduta Singola in tale contesto d’intervento?
La terapia a sessione singola sfrutta il modello di crisi per aiutare i pazienti e gli operatori a comprendere le origini della visita in ED (Emergency Department) e iniziare a risolvere attivamente la crisi. Questo intervento può essere erogato da medici di emergenza o da consulenti di salute comportamentale, inclusi assistenti sociali o infermieri. I pazienti con maggiori probabilità di trarre beneficio da questa terapia sono quelli che hanno subito minori eventi stressanti nell’arco della vita e che hanno funzionamento migliore e una maggiore intuizione psicologica.
Quali obiettivi e azioni di intervento persegue?
Gli obiettivi di questo intervento comprendono il miglioramento dell’ansia e dei sintomi depressivi, l’inizio del trattamento e l’identificazione dei pazienti che potrebbero aver bisogno di essere indirizzati a un trattamento psichiatrico più intensivo. Questi passaggi e i loro benefici terapeutici sono riassunti nei punti di seguito elencati:
- Riconoscere la crisi e identificare i fattori scatenanti
I pazienti che si presentano all’ED riportano una serie di sintomi psichiatrici tra cui ansia, depressione, affaticamento o scarso sonno. Dopo aver escluso un’eziologia somatica dei sintomi psichiatrici, il clinico deve chiarire l’insorgenza dei sintomi. Una volta accolto il paziente viene scritta insieme a lui una cronologia dei fattori di stress che hanno indotto la crisi. Questa tecnica risulta molto valida in quanto permette ai pazienti di essere spronati a ricordare e ricostruire una storia utile. La cronologia, inoltre, è facile da interpretare sia per i medici che per i pazienti che nell’atto di scrivere insieme, costruiscono un rapporto terapeutico che a sua volta farà parte del processo di guarigione.
- Differenziare la risposta del paziente
Le risposte emotive e comportamentali del paziente nello stato di crisi sono considerate una guida per il trattamento.
- La risposta emotiva è spesso facilmente descritta dal paziente: stressato, sopraffatto, ansioso o solo. Il clinico può convalidare lo stato emotivo considerandolo come una risposta agli evidenti fattori di stress descritti nella timeline.
- Le risposte comportamentali sono caratterizzate da immobilità, evitamento o adattamento. I pazienti immobili ed evitanti hanno bisogno di aiuto per identificare il fattore scatenante della crisi e le possibili soluzioni, inoltre non essendo in grado di mostrare abilità più adattive possono richiedere l’assistenza specialistica in psichiatria.
- Formulare la valutazione insieme al paziente
Una volta scritta la cronologia dei fattori scatenanti la crisi e gli stili di risposta del paziente, il clinico formula la valutazione della crisi ad alta voce con il paziente, ponendosi le seguenti domande: Quali sono i fattori scatenanti? Come fanno sentire il paziente? Di cosa ha bisogno il paziente per affrontare la crisi? Quali scelte sono disponibili?
La conversazione risulta essere sia diagnostica che terapeutica. Il paziente può provare sollievo dalla spiegazione di un esperto sul motivo del suo malessere. Il clinico convalida la gravità degli stressors del paziente, offrendo allo stesso tempo ottimismo e risoluzione attiva dei problemi.
- Identificare gli obiettivi comportamentali e offrire supporto concreto
Il clinico aiuta il paziente a generare una lista di cose da fare per risolvere la crisi. Gli obiettivi dovrebbero essere specifici, realistici e realizzabili nel futuro prossimo. I pazienti con obiettivi più ambiziosi (ad esempio, sentirsi meglio) dovrebbero identificare i passaggi intermedi che sono specifici e realizzabili.
Il pensiero focalizzato sulle soluzioni può essere introdotto chiedendo: “Se le cose andassero bene nella tua vita, come sarebbero le cose tra quattro settimane?” Questa conversazione invita il paziente ad anticipare i potenziali ostacoli alla risoluzione della crisi e ad iniziare anche a prevedere la dimissione dall’ED.
- Coinvolgere i supporti sociali
I pazienti in crisi spesso dichiarano di non avere nessuno che li aiuti quando, invece, sono disponibili amici o familiari di supporto. Per aiutare il paziente a individuare delle persone vicine al lui che possano aiutarlo a risolvere la crisi, viene utilizzato un diagramma hub-and-spoke. Nel diagramma il paziente è al centro di una ruota e le persone sono collocate attorno ai raggi della stessa. Le persone di supporto sono collegate all’hub con una linea continua e i contatti di minore supporto sono collegati con una linea tratteggiata.
Di seguito l’esempio di un trattamento svolto nel Psychiatric Emergency Services di Denver.
Una giovane donna di 18 anni viene portata all’ED in seguito alla chiamata della madre ai servizi di emergenza dopo che la ragazza le aveva detto telefonicamente di voler morire. Sua madre viveva in un altro paese. All’arrivo al servizio la ragazza era in lacrime ed era “molto stressata”. Dalla visita medica iniziale (verifica dei segni vitali, screening tossicologico delle urine e test di gravidanza) non erano presenti elementi degni di nota. La ragazza però aveva riferito di aver avuto pensieri suicidari per circa una settimana a causa di voti insufficienti al college, conflitti familiari e obblighi finanziari. Aveva perso diversi appuntamenti con il suo terapeuta e il medico recentemente non le aveva prescritto la sertralina (Zoloft) che aveva esaurito. Inoltre si rifiutava di fornire il numero di telefono di sua madre.
La ragazza aveva descritto una storia di abusi in giovane età. Aveva avuto un precedente ricovero ospedaliero psichiatrico per un tentativo di suicidio all’età di 15 anni. Altri episodi di autolesionismo erano iniziati all’età di 10 anni. A sua nonna era stata diagnosticata la schizofrenia e aveva solo un minimo contatto con il padre.
Preoccupato per i molteplici fattori di rischio di suicidio, lo psichiatra dell’emergenza ha iniziato una psicoterapia di un’unica seduta, durante la quale insieme alla paziente ha scritto una sequenza temporale di eventi stressanti precedenti al ricovero. Dieci mesi prima, aveva dovuto lasciare il suo appartamento a causa di conflitti con i coinquilini. All’inizio del college, si era preoccupata per le tasse scolastiche e aveva trovato due posti di lavoro. Nonostante diversi tentativi di riprogrammare gli appuntamenti di terapia, l’ufficio del terapeuta non aveva risposto alle sue chiamate. La paziente aveva anche rivelato che c’era un patrigno solidale che viveva nelle vicinanze. La mattina della sua visita in ED, aveva ricevuto un altro promemoria sul suo conto delle tasse scolastiche e prima del ricovero ne stava parlando con una coinquilina con la quale non riuscire a trovare una soluzione, pertanto aveva chiamato sua madre.
Lo psichiatra e la paziente durante la seduta hanno condiviso ciò che era stato stressante per lei. La ragazza ha cambiato umore e ha identificato alcuni obiettivi immediati da perseguire:
- trovare un nuovo terapeuta;
- parlare con la sua scuola di una borsa di studio;
- identificare un tutor;
- passare più tempo a fare ciò che le piaceva.
La ragazza a quel punto ha accettato di far chiamare sua madre per farsi aiutare a completare questi compiti. La madre a sua volta aveva già parlato con la scuola per un aiuto con le lezioni e aveva iniziato a cercare nuovi supporti ambulatoriali.
Per completare la pianificazione della dimissione, un’infermiera ha preso un appuntamento per la paziente in un ambulatorio e la famiglia è stata informata delle risorse locali per le emergenze. Contemporaneamente la paziente ha completato un piano di sicurezza scritto e gli è stata offerta una chiamata di follow-up.
Nel giro di un’ora, lo psichiatra aveva valutato che il rischio acuto di questa paziente era significativamente mitigato attraverso la pianificazione della sicurezza, la mobilitazione dei supporti sociali, la connessione al trattamento con gli ambulatori locali per giustificare la dimissione. Dopo sei mesi, la giovane donna ha avuto una remissione persistente dei pensieri suicidari senza recidiva di autolesionismo o di ricovero ospedaliero.
Conclusioni
Questo articolo e il caso di psicoterapia breve sopra descritto mettono in luce come la Terapia a Seduta Singola possa essere applicata in modo specifico in particolari contesti di emergenza, focalizzandosi sulla valutazione e la risoluzione attiva dei problemi. Inoltre si può riscontrare come tale metodo d’intervento ben si adatti a modelli d’intervento multisessione creati per le cure integrate. Specifiche psicoterapie a sessione singola sono state descritte, infatti, anche per altre condizioni psichiatriche tra cui insonnia, gioco d’azzardo, agitazione e ideazione suicidaria.
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche” o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Bibliografia
Bentley S.M., Pagalilauan G.L., Simpson S.A.. Major depression. Med Clin North Am, 2014;98(5):981–1005.
Cadwalader A., Orellano S., Tanguay C., et al. The effects of a single session of music therapy on the agitated behaviors of patients receiving hospice care. J Palliat Med, 2016;19(8):870–3.
Ellis J.G., Cushing T., Germain A.. Treating acute insomnia: a randomized controlled trial of a “single-shot” of cognitive behavioral therapy for insomnia. Sleep, 2015;38(6):971–8.
Simpson, S.A. A Single-session Crisis Intervention Therapy Model for Emergency. Clin Pract Cases Emerg Med, 2019 Feb; 3(1): 27–32.
Simpson S.A., Feinstein R.E.. Crisis intervention in integrated care. In: Feinstein RE, Connelly JV, Feinstein MS, editors. Integrating Behavioral Health and Primary Care, New York, NY: Oxford University Press; 2017. pp. 497–513.
Toneatto T.. Single-session interventions for problem gambling may be as effective as longer treatments: Results of a randomized control trial. Addict Behav, 2016;52:58–65.
Weiss J., Barrett M.L., Heslin K.C., et al. Agency for Healthcare Research and Quality. Trends in Emergency Department Visits Involving Mental and Substance Use Disorders, 2006–2013. 2016.
Ward-Ciesielski E.F., Jones C.B., Wielgus M.D., et al. Single-session dialectical behavior therapy skills training versus relaxation training for non-treatment-engaged suicidal adults: a randomized controlled trial. BMC Psychol, 2016;4:13.
Stanley B., Brown G.K-, Brenner L.A., et al. Comparison of the safety planning intervention with follow-up vs usual care of suicidal patients treated in the emergency department. JAMA Psychiatry, 2018;75(9):894–900.
Norris D, Clark MS. Evaluation and treatment of the suicidal patient. Am Fam Physician, 2012;85(6):602–5.
Doran GT. There’s a S.M.A.R.T. way to write managements’s goals and objectives. Manage Rev, 1981;70 (11):35–6.