I modelli principali di Terapia a Seduta Singola, partiti dai lavori di Talmon, Hoyt e Rosenbaum, che hanno riportato più contributi in termini di letteratura scientifica, sistematizzazione della metodologia e resoconti di casi clinici, e che quindi hanno più ispirato i lavori di altri autori e di altre ricerche, sono tre.
Quali sono questi tre Modelli?
I tre metodi che hanno avuto un maggiore impatto nel formare e informare sulla TSS, sono: il Modello Californiano, il Modello Canadese-Texano e il Modello Australiano. In questo articolo andrò a concentrarmi su quello Australiano.
In cosa consiste il Metodo Australiano?
Il Metodo Australiano, rappresentato dai lavori condotti presso il Bouverie Center di Melbourne, il centro per famiglie diretto da Jeff Young, dal 1994 ha formato svariate centinaia di terapeuti australiani e decine di strutture sanitarie sulle logiche della TSS.
Il metodo di questo centro, essendosi adattato a diverse figure professionali, come: psicologi, psicoterapeuti, psichiatri, medici, infermieri, assistenti sociali, dirigenti sanitari e altre figure afferenti al sistema sanitario, viene indicato come Single Session Work (SSW).
Pertanto, se togliamo il nome “terapia” sostituendolo con “work”, molti principi che permettono di trarre il massimo beneficio da ogni incontro con la persona, possono essere applicati da diversi professionisti e quindi in diversi contesti e per diversi obiettivi.
Inoltre, poiché il Bouverie è un centro per famiglie, ha sviluppato in quest’ottica una particolare declinazione della TSS, definendola Single Session Family Therapy.
Come viene suddivisa la SSW?
Il metodo australiano suddivide la SSW in 3 fasi principali:
- Fase dell’ingaggio
La persona contatta il Centro, che valuta qual è il servizio per lei più adatto e la informa su come funziona l’intero processo del Single Session Work. Le viene inoltre inviato un questionario pre-sessione, con la richiesta di compilarlo e di portarlo con sé il giorno dell’appuntamento.
- Fase della sessione
Questa fase è quella dell’incontro faccia a faccia con il terapeuta. Se viene valutata una situazione a rischio, il terapeuta segue un protocollo studiato ad hoc, altrimenti viene svolta la sessione normale, al termine della quale viene dato un follow-up telefonico a 2-3 settimane.
- Fase del follow-up
Durante il follow-up telefonico il terapeuta chiede alla persona dei feedback sulla sessione e valuta con lei se sono necessari o meno altri incontri, con l’invito a ricontattare in futuro il Centro in caso di necessità.
Il terapeuta arrivato a questo punto, completa un questionario sui risultati e ne invia uno al cliente per valutare la soddisfazione.
Come si può notare, da quanto scritto sopra, la sessione di SSW del Bouverie Center è molto strutturata, poiché nonostante preveda una metodologia molto flessibile e aperta, contemporaneamente è capace di dare linee guida ben precise.
Questo modello, infatti, fornisce linee guida molto precise, ma senza costringere il terapeuta in riferimenti teorico-pratici rigidamente definiti. Durante la formazione, nonostante non vengano dati elementi marcatamente riferiti a un orientamento terapeutico dominante, le linee guida hanno delle procedure molto chiare e facilmente malleabili.
Quali sono le linee guida che possiamo trarre dalla sessione di SSW?
- Spiegare come funziona la SSW: il fatto che le persone sappiano che una sola sessione può essere sufficiente, spinge sia il professionista che il paziente a cercare di ottenere il massimo sia dentro che fuori la seduta. Inoltre, le persone vengono rassicurate che, se fosse necessario, è possibile in qualsiasi momento richiedere altri colloqui al Centro.
- È fondamentale identificare l’obiettivo più importante per la persona e dargli priorità lungo tutta la seduta.
- Venire al punto creando un contesto di onestà e franchezza reciproca, caratterizzate da un approccio che comunichi calore e cura.
- Fare del tempo un alleato: bisogna comunicare al paziente, in modo chiaro e rispettoso il tempo a disposizione per la sessione, così che lo possa gestire nel modo più adeguato per trattare ciò che per lui è importante.
- Costante check-in: lungo tutta la sessione, è importante assicurarsi di essere sempre sulla giusta rotta, per evitare di disperdersi su obiettivi diversi da quello scelto all’inizio.
- Fornire un feedback e condividere i pensieri: il terapeuta nel corso della sessione dovrebbe riportare al paziente feedback, considerazioni e pensieri rispetto il problema da lui portato.
- Mantenere la mente e la porta aperta: come ormai abbiamo imparato, occorre approcciare ogni incontro “come se” fosse l’ultimo, pur dando la possibilità di poterne richiedere altri.
Nonostante le persone riterranno sufficiente un’unica seduta, a queste si dirà comunque che la porta, per loro, rimane sempre aperta.
Considerando la struttura di questo modello, possiamo quindi dire che probabilmente è uno dei metodi che più ha influenzato l’Italian Center, diventando un punto di partenza ottimale per far evolvere il nostro modello.
Veronica Torricelli
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).