La Terapia a Seduta Singola può essere integrata in diversi modi all’interno della pratica professionale. Uno di questi, è utilizzarla per particolari problemi.
Finora ci siamo occupati di come integrare la TSS nella pratica professionale, partendo prima dalla descrizione del metodo e dei principi teorici alla sua base, poi all’esplorazione dei possibili ambiti di intervento, fino ad arrivare a sperimentarla nel contesto terapeutico.
Un primo passo in tal senso lo abbiamo compiuto, ad esempio, quando abbiamo proposto di applicarla in sostituzione del primo colloquio gratuito oppure come alternativa ad un secondo consulto.
L’obiettivo di questo articolo, quindi, è quello di continuare a dare degli spunti applicativi, proponendo al professionista un ulteriore modo di sperimentarla.
Applicazioni della Terapia a Seduta Singola
Se il nostro scopo rimane ancora quello di inserire la TSS nella pratica professionale, un altro passo che possiamo compiere è quello di individuare quali problematiche ci ritroviamo più spesso a trattare, oppure per quali problemi ci riteniamo più esperti e specializzati e, a partire da qui, cominciare a muovere i primi passi per sperimentarne la tecnica.
Abbiamo già detto che la TSS è un metodo trasversale a diversi approcci terapeutici (cognitivo-comportamentale, sistemico-familiare, strategico, solution-oriented, ipnotico, psicodinamico – leggi qui) e che può essere applicata in molti modi e ambiti di intervento diversi (contesti sanitari pubblici o privati).
Con quali problemi è adatta la Terapia a Seduta Singola
Una delle domande più ricorrenti dei professionisti che vogliono avvicinarsi alla TSS è proprio questa: con quali problematiche o disturbi può essere ritenuta più efficace una TSS? Oppure con quale tipologia di pazienti?
Sull’argomento abbiamo già dedicato diversi articoli (si veda ad esempio A chi si rivolge la TSS e Dove praticare la TSS). Sintetizzando, le ricerche hanno mostrato come la Terapia a Seduta Singola sia adatta per un’ampia quantità di problemi, da quelli più gravi e limitanti a quelli meno complessi.
La differenza, infatti, la fa soprattutto la persona. Solo alla fine dell’incontro potremo dire se si tratterà di una Seduta Singola o se saranno necessarie altre sedute. Ma, soprattutto, qui dobbiamo ricordare un punto fondamentale: l’obiettivo della Terapia a Seduta Singola è massimizzare l’efficacia di ogni singolo incontro, cosa che aiuta a ridurre la durata complessiva della terapia.
Detto questo, la domanda è: qual è un buon modo per declinare la TSS?
La Terapia a Seduta Singola per specifici problemi
Il terapeuta potrebbe pensare di usare sempre e comunque la TSS, applicazione assolutamente valida e utilizzata nella maggioranza delle cliniche che forniscono questo servizio. Tuttavia c’è anche un’altra possibilità, che probabilmente interessa soprattutto – ma non solamente – il libero professionista.
Si tratta di proporre la TSS come metodo di intervento per specifiche problematiche.
Il terapeuta può infatti proporre la TSS come un servizio specifico per determinati problemi, un intervento che va a rispondere a specifici bisogni della persona, da un lato, e alle specifiche competenze del terapeuta, dall’altro.
Ad esempio, il terapeuta che ha privilegiato una formazione specialistica con i disturbi d’ansia, potrebbe proporre la Terapia a Seduta Singola specificatamente, o anche unicamente, per queste problematiche. Potrebbe, per esempio, proporre un primo colloquio usando la metodologia di TSS per tutte quelle situazioni in cui la persona porta una problematica di natura ansiosa.
Questa formula può essere declinata in diversi modi o, in altre parole, per i problemi che il terapeuta preferisce. A titolo esemplificativo, potremmo individuare diverse situazioni, come:
- situazioni in cui il paziente presenta una difficoltà decisionale e relazionale (es.: scelte lavorative, dubbi patologici, problematiche familiari)
- situazioni in cui il paziente presenta problematiche specifiche (es.: fobie, comportamenti ossessivi)
- situazioni complesse in cui sullo sfondo può apparire una patologia più strutturata (es: disturbi alimentari, disturbi della personalità, depressione)
La decisione spetta solo al terapeuta.
In questi termini, naturalmente, stiamo parlando della Terapia a Seduta Singola soprattutto nella sua accezione a… seduta singola! Cioè la TSS utilizzata per provare a risolvere il problema presentato in un’unica seduta (dandosi ovviamente la possibilità di continuare se ciò non dovesse essere sufficiente).
Etica della TSS per specifiche problematiche
Ci siamo domandati se ciò possa sollevare una questione etica: è etico, cioè, proporre la TSS nella propria pratica solo per certi problemi e non per altri? La risposta, a nostro parere, è che questa scelta riflette le capacità, le tendenze e le preferenze professionali del terapeuta.
Se questi ritiene di avere un bagaglio di competenze tale da poter ottenere degli ottimi risultati in determinati ambiti, allora la TSS diviene un modo per aumentare la sua efficacia negli stessi.
In un’altra prospettiva, il terapeuta potrebbe scegliere di farlo perché determinate problematiche si presentano con più frequenza nella sua casistica, e la TSS gli può permettere di ridurre la lista di attesa, o di rispondere più efficientemente a una data richiesta.
Conclusioni
In conclusione la possibilità di applicare la Terapia a Seduta Singola specificatamente per determinati problemi, difficoltà o disturbi, ci sembra un’opportunità che il terapeuta può cogliere per rendere il proprio servizio più efficace ed efficiente, rispondendo con una metodologia ad hoc alle richieste ricevute.
Flavio Cannistrà & Angelica Giannetti
Psicologi, Psicoterapeuti
Founder & Trainer dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Bibliografia
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