Nell’articolo di oggi parleremo di come affrontate problematiche complesse come il Disturbo Ossessivo-Compulsivo (DOC) (APA, 2014) tramite il metodo della Terapia a Seduta Singola.
Che cos’è il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC)?
Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è una sindrome d’ansia caratterizzata dalla presenza di pensieri, impulsi o immagini ricorrenti o persistenti (ossessioni) che vengono vissuti come intrusivi o angoscianti dalla persona e che la persona tenta di ignorare o sopprimere, mettendo in atto comportamenti ripetitivi o atti mentali (compulsioni) (APA, 2014).
Come si manifesta nella vita di una persona?
Solitamente i sintomi del disturbo ossessivo compulsivo iniziano gradualmente e tendono a variare rispetto alla loro gravità nel corso della vita. Spesso peggiorano quando la persona sperimenta una situazione di stress intenso.
Vediamo alcune modalità con cui le persone manifestano tale problematica:
- compulsione a pulire o a lavarsi le mani associata a paure di contaminazione;
- controllo ripetuto di oggetti (es. forno spento, porta chiusa) per scongiurare danni o pericoli;
- accumulo compulsivo di oggetti di cui non si ha bisogno o che non si usano per la paura che eliminandoli possa succedere qualcosa di brutto;
- dubbio patologico su azioni che se non fatte nel modo giusto, possono provocare qualcosa di terribile o punizioni;
- ossessione per l’ordine e superstizioni su determinati numeri, colori o disposizioni di oggetti.
Qauli conseguenze comporta la presenza della problematica?
Il disturbo ossessivo compulsivo è considerato un disturbo difficile da trattare per la sua persistenza e per la presenza di sintomi invalidanti, tali da interferire in modo significativo con la normale routine della persona sia nell’ambito lavorativo (o scolastico), sia a livello relazionale, familare e sociali.
In che modo viene affrontato il DOC?
I trattamenti più diffusi per i sintomi del DOC sono la terapia farmacologica e la terapia cognitivo-comportamentale (CBT) che si riferisce a due trattamenti distinti: la terapia di esposizione e prevenzione della risposta (ERP) e la terapia cognitiva (CT) (Abramowitz, 1997). In entrambi i casi, i percorsi previsti sono di lunga durata e con incontri frequenti. Sebbene la validità di tali trattamenti sia riconoscita, le difficoltà e le sofferenze sperimentate dalle persone e dai loro familiari, necessitano dell’introduzione di nuovi programmi di trattamento oltre a quelli conosciuti.
La TSS rappresenta uno di questi?
Negli ultimi anni, per affrontare tale problematica è stato sperimentato il metodo della Terapia a Seduta Singola. La TSS, come più volte detto, si basa sull’idea che una sola seduta possa essere efficace per affrontare diverse problematiche anche complesse, così come un percorso terapeutico tradizionale più lungo.
Come si applica in tale situazione?
Una modalità di utilizzare la TSS per il trattamento del DOC è quella di aiutare la persona a identificare i pensieri e comportamenti ossessivi attraverso una definizione chiara e operativa del problema. A partire da ciò il terapeuta, una volta concordato l’obiettivo, offre alla persona suggerimenti per interrompere tutte le soluzioni messe in atto senza risolvere il problema, infine attraverso manovre specifiche aiuta la persona a rintracciare e mettere in atto tutte le risosrse possedute (interne e esterne) e le eventuali strategie per gestire i comportamenti disfunzionali (Cannistrà & Piccirilli, 2018).
Quali vantaggi comporta l’utilizzo della TSS?
Un vantaggio importante della TSS è che può essere più accessibile per i clienti, in quanto richiede meno risorse economiche e meno sedute terapeutiche nel corso del tempo. Inoltre, alcune persone possono trovare più facile dedicare del tempo a una sola sessione di terapia, anziché programmare ripetute visite settimanali per prolungati periodi di tempo.
È un metodo valido per tutti?
Non tutte le persone che presentano tale problematica possono trarre beneficio dalla TSS. Alcuni clienti potrebbero richiedere un percorso terapeutico più lungo per affrontare in modo adeguato i loro sintomi. È importante che clienti e terapeuti valutino attentamente se la Terapia a Seduta Singola sia l’approccio più appropriato per loro, tenendo conto della gravità dei sintomi, dei fattori di rischio e delle risorse disponibili.
Conclusioni
In conclusione, la Terapia a Seduta Singola rappresenta un nuovo ed efficace metodo per il trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo. La sua efficacia è supportata da numerose ricerche scientifiche e può offrire un’alternativa più conveniente per alcuni pazienti rispetto alla terapia tradizionale a lungo termine. Tuttavia, è importante che le persone e i terapeuti lavorino insieme per determinare se la TSS sia l’opzione migliore per le proprie esigenze.
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche”. e a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Bibliografia
American Psychiatric Association (2014). Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. DSM 5. Raffello Cortina.
Cannistrà F. &Piccirilli F (2018). Terapia a Seduta Singola: Principi e pratiche. Giunti Editore.
Nardone, G., Portelli, C. (2005). Knowing through changing: the evolution of brief strategic therapy. Glasgow: Crown House Publishing.
Nardone G., Balbi E. (2008). Solcare il mare all’insaputa del cielo. Lezioni sul cambiamento terapeutico e le logiche non ordinarie. Milano: Ponte alle Grazie.
Nardone G, Verbitz T, Milanese R. (1999).The prisons of food: strategic solution-oriented research and treatment of eating disorders. London: Karnac Publishing.
Abramowitz, JS. (1997). Effectiveness of psychological and pharmacological treatments for obsessive-compulsive disorder: a quantitative review. J Consult Clin Psychol, 65:44–52.
[No authors listed] (1997).Treatment of obsessive-compulsive disorder. Expert Consensus Panel for Obsessive-Compulsive Disorder. J Clin Psychiatry;58(Suppl 4):2–72.