Indipendentemente dalla formazione di base di ciascun professionista, ci sono alcuni presupposti che contraddistinguono trasversalmente l’approccio della Terapia Seduta Singola. Più che modellarsi attorno a presupposti psicoterapeutici predeterminati o concentrarsi su particolari diagnosi, la TSS infatti si contraddistingue per una forma mentis che pone al servizio del cliente in modo creativo gli strumenti, le metodiche e gli interventi di una vasta gamma di approcci, tenendo sempre presente che ogni singola seduta potrebbe essere l’ultima.
Quando hai a disposizione un’intera ora
A pensarci bene, appare evidente che quando non sappiamo se avremo un’altra possibilità, la nostra concentrazione è focalizzata al 100% sul qui ed ora, dando il massimo per ottenere ora ciò che potremmo non avere l’occasione di fare accadere in futuro. Ciò significa che anche nel caso in cui ci sia già stata una precedente seduta o che ce ne possa essere un’altra in seguito, il terapeuta a seduta singola considera ogni incontro come un intero, con una sua compiutezza, un suo scheletro, una forza e un’organicità che permette a quel singolo incontro di essere non solo utile, ma anche in se stesso compatto e coeso, capace di reggere in se stesso (Slive, A. & Bobele, M., 2014): «[…] Un elemento cruciale per condurre una terapia seduta singola di successo sono le credenze del terapeuta stesso rispetto all’efficacia della terapia breve. Le aspettative del terapeuta rispetto al grado di cambiamento e alla velocità del cambiamento atteso» infatti finiscono per essere comunicate anche al paziente, sia volontariamente che involontariamente, sia esplicitamente che implicitamente (Hoyt, 2009; Scamardo, Bobele & Biever, 2004; Hunsley, Aubry, Verstervelt, & Vito, 1999).
Se il terapeuta nel condurre il proprio intervento terapeutico penserà di avere a disposizione solo un’ora e quindi ciò che potrà ottenere sarà ben poco e poco significativo, sarà ben diverso e otterrà risultati molto inferiori da quello stesso terapeuta che invece conduca l’incontro consapevole che ha un’intera ora a disposizione per lavorare con chi ha di fronte.
Imparare a focalizzarsi
Paradossalmente, al terapeuta di TSS si chiede non di accelerare, ma di sedersi, rallentare, fare un respiro profondo e focalizzarsi. Secondo un presupposto epistemologico di matrice costruzionista infatti, il terapeuta sa che comunque si troverà a lavorare con una conoscenza selettiva e parziale, e soprattutto con la costruzione narrativa del problema, delle sue premesse e delle sue implicazioni che cliente e terapeuta tesseranno insieme nel corso della seduta (White & Epston, 1990).
Gli obiettivi allora non saranno indossare l’elmetto del minatore psicologico ed esplorare certosinamente ciò che si stabilisce a prescindere che sia vero o pertinente, ma:
- ascoltare con grandissima attenzione e curiositas il problema così come si presenta nel qui ed ora, nel tessuto narrativo, relazionale e contestuale del cliente, così come lo rappresenta;
- stabilire un denso e significativo rapport terapeutico fatto di empatia, accettazione, conferma e incoraggiamento;
- individuare quella parte del problema che potrebbe essere anche parte della soluzione, le criticità che costituiscono anche un punto forza, gli elementi di potenziale svolta su cui fare leva per portare a eventi forieri di una soluzione/guarigione spontanea, guidando il cliente nel definire che cosa potrebbe fare per sfruttarne l’impatto e la forza;
- lavorare insieme al cliente non con l’obiettivo di proporre su di lui la diagnosi più corretta o di implementare il protocollo standard più giusto, ma di generare con tutto e solo il tempo che si ha a disposizione l’intervento più efficiente ed efficace, meno intrusivo e più flessibile per aiutare le persone ad aiutare se stesse, massimizzando l’efficacia terapeutica di ogni singolo intervento (Talmon, 2014);
- fare leva sulle motivazioni del cliente, verso i suoi obiettivi, stabiliti concordemente in termini comportamentali specifici, e coniugare una generale speranza per il futuro con specifiche aspettative di miglioramento;
- creare un contesto che permette al cliente di riconoscere le risorse che ha e che gli possono essere utili, svolgendo un ruolo di guida in questo processo di scoperta, verificandone l’efficacia e l’adeguatezza grazie ai feedback del cliente stesso.
Il cliente è l’agente del cambiamento
La concezione complessiva del cliente nella TSS infatti è che:
- il cliente sa meglio di chiunque altro che cosa è efficace per lui/lei: è necessario rispettare le sue scelte, la sua cultura e il suo sistema di credenze, e ricordarsi che non sappiamo tutto ma che potremmo imparare qualcosa;
- il cliente è molto meno interessato alla psicoterapia di quanto lo sia il terapeuta, e tendenzialmente preferisce incontri terapeutici brevi;
- il cliente di norma esprime un alto livello di soddisfazione rispetto alla singola seduta a cui è andato (Miller, 2008);
- il cliente avrà comunque fatto l’esperienza di una seduta da cui poter quantomeno ottenere una sensazione di sollievo e di speranza dovuta al fatto che qualcuno ha voluto e saputo ascoltare la sua storia, a cui saprà pensare in termini diversi e più funzionali.
La forma mentis da adottare in una Terapia a Seduta Singola
In breve possiamo riassumere la forma mentis complessiva del terapeuta TSS attraverso queste sollecitazioni:
- sii sempre presente: offri cioè la tua presenza mentale, ma anche considera quel momento e ciò che vi state dicendo come un dono, come un presente cioè, prezioso, da scartare con rispetto, e da scambiare con nuove prospettive di grande valore nel qui ed ora;
- rimani focalizzato: non farti distrarre da elementi potenzialmente dispersivi, pena il rischio di naufragare nella stessa complessità che appesantisce il problema e lo porta alla deriva;
- non complicare le cose: al cliente non interessa quanto sei bravo o che trucchi meravigliosamente innovativi riesci a escogitare – gli interessa stare meglio ora;
- sii breve: cogli la motivazione e il momento che vi ha permesso di essere insieme in questo momento per renderlo il più utile e prezioso possibile, e il più gravido di possibilità trasformative per il futuro;
- resta umile: non a tutto c’è una soluzione, e ogni situazione (così come ogni persona, cliente e terapeuta compresi) ha i suoi limiti;
- quando è possibile, usa un approccio vinco-vinci.
Nell’Ebook “Terapia a seduta singola. Un’introduzione a principi e pratiche” vengono spiegati nel dettaglio questi e altri punti, per cominciare da subito a praticare la TSS.
Tania Da Ros
Psicologo, Psicoterapeuta
Trainer per l’Italian Center
for Single Session Therapy
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche” o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Bibliografia
Hunsley, J., Aubry, T.D., Verstervelt, C.M., & Vito, D. (1999). Comparing therapist and client perspective on reasons for psychotherapy termination. Psychotherapy: theory, research, practice, training, 37(4), 380-388.
Miller, J. (2008). Walk-in single session therapy: a study of client satisfaction. Journal of systemic therapies, 27, 78-94.
Scamardo, M., Bobele M., & Biever, J.L. (2004). A new perspective on client droupouts. Journal of systemic therapies, 23 (2), 27-38.
Slive, A. & Bobele, M. (2014). One Session at a time: When you have a Whole Hour. In M.F. Hoyt & M. Talmon (eds.) (2014), op. cit., p. 100.
Talmon, M. (2014). When less is more: Maximizing the effect of the first (and often only) therapeutic encounter. In Hoyt, M.F. & Talmon, M. (eds.) (2014), Capturing the Moment, Crown House Publishing Ltd.
White, M. & Epston, D. (1990). Narrative means to therapeutic ends. New York: Norton.