“Alla fine andrà tutto bene. E se non va bene significa che non è la fine!”
Vogliamo iniziare l’anno, lasciandoci guidare da queste parole attribuite a John Lennon, che ci incoraggiano a guardare al futuro con la speranza di un finale tutto da costruire!
Con l’articolo di oggi, infatti, affronteremo il tema del riconoscimento della TSS come forma di psicoterapia, punto sul quale nel tempo è stata fatta chiarezza, ma sul quale allo stesso tempo si torna a dibattere.
Un esempio di come alcuni temi possano tornare alla ribalta è ben descritto in un articolo del 2019 pubblicato sul Journal of Systemic Therapies dal titolo Recognizing Single-Session Therapy as psychotherapy, in cui gli autori Karen Young e Joseph Jebreen hanno riportato una controversia sorta in Ontario, in seguito alla costituzione di un nuovo College di regolamentazione per psicoterapeuti, il quale aveva iniziato a non riconoscere come terapia le ore di Terapia a Seduta Singola svolte da alcuni professionisti che desideravano diventare psicoterapeuti.
Ma tornando a noi, la Terapia a Seduta Singola può essere considerata psicoterapia?
La risposta è sì!
Per rispondere con maggiore convinzione a questa domanda, partiamo da un recente traguardo che ci ha spostato il finale della TSS più in là del suo riconoscimento come terapia, facendoci immaginare altri orizzonti come quello di una sua maggiore diffusione e utilizzo nell’ambito della salute mentale.
Ma di quale traguardo si tratta?
La TSS è stata ufficialmente inserita tra le diverse forme di terapia esistenti al mondo, trovando un posto nel Dizionario dell’American Psychological Association di cui riportiamo di seguito la traduzione:
Terapia a Seduta Singola (TSS)
Terapia che termina dopo una seduta, solitamente per scelta del cliente, ma anche come indicato dal tipo di trattamento (es. psicoterapia ericksoniana, terapia breve focalizzata sulla soluzione). Alcuni clienti affermano che il risultato ottenuto con un’ora di terapia è sufficiente per interrompere il trattamento, sebbene alcuni terapeuti ritengano che questa affermazione rappresenti una fuga verso la salute o un sollievo temporaneo dai sintomi. La preparazione per la sessione (ad es. Per telefono) aumenta le probabilità che la sessione di terapia singola abbia successo.
Ma come in una scalata in cui si raggiunge pian piano la cima, quali altre tappe hanno segnato il passo di questo percorso?
Vediamo i punti chiave in grado di definire la TSS come forma di psicoterapia:
- Sia la storia che la pratica attuale dimostrano che il cambiamento rapido non è solo possibile, ma anche comune (Bobele & Slive, 2014; Budman & Gurman, 1988): molti terapeuti hanno visto i clienti per una sola seduta di terapia a partire da Freud (Bloom, 1981, 1992; Hoyt, Bobele, Slive, Young e Talmon, 2018; Sproel, 1975).
- Al di là dei tradizionali pregiudizi teorici, l’evidenza mostra che non esiste una correlazione diretta tra la gravità e la durata di un problema e la durata di un trattamento efficace (Hoyt et al., 2018; Hoyt, Rosenbaum e Talmon, 1992; Talmon, 1990). Inoltre, la ricerca attuale non supporta il pensiero secondo il quale il successo della terapia è equiparato alla sua durata piuttosto che alla sua qualità (Hoyt & Talmon, 2018; Duvall, Young e Kayes-Burden, 2012; Slive e Bobele, 2011).
- La TSS è un approccio in cui il terapeuta e a volte anche il cliente, si aspettano fin dall’inizio che si tratti di un solo incontro. Sulla base di tale visione il terapeuta sfrutterà al massimo la seduta in termini di impatto terapeutico.
- L’approccio terapeutico specifico utilizzato nella TSS può variare e potrebbe includere metodi come interviste centrate sulla soluzione, narrative, cognitivo-comportamentali, motivazionali, e altre terapie (Hoyt & Talmon, 2018; K. Young, Dick, Herring, & Lee, 2008). La mentalità condivisa quando si applicala TSS è l’aspettativa che in qualche modo il cambiamento (del pensiero, del sentimento, dell’azione) è sempre possibile. La conversazione è incentrata sulle competenze: il terapeuta e il cliente scoprono insieme conoscenze, abilità, valori e impegni che verranno descritti e amplificati per creare la possibilità di un cambiamento, concludendo la sessione in modo tale da identificare i progressi post-sessione.
- La TSS può essere fornita, accedendo rapidamente in un servizio walk-in, di persona, per telefono o su piattaforme virtuali.
- Nella TSS la relazione terapeutica è considerata essenziale e rappresenta un forte predittore dell’esito positivo (Lambert, 1992; Lambert & Bergin, 1994). Durante la sua formazione ciò che viene insegnato ai terapeuti è come “fare” una relazione, in quanto quest’ultima non è considerata una cosa, ma una pratica (Young & Jebreen, 2019).
Conclusioni
Per concludere la psicoterapia per essere considerata tale non deve far riferimento alla sua durata (Rosenbaum, 2008), quanto piuttosto ai momenti terapeutici che riesce a creare per permettere al cliente di cambiare. Questo può accadere in uno o in più di una sessione. Un compito più importante invece, una volta riconosciuto il suo potenziale, è quello di una sua maggiore diffusione per permettere a più persone di trarne vantaggio nei momenti significativi della loro vita. Per molte persone la TSS sarà sufficiente (Talmon, 1990), lasciando la possibilità di un trattamento a lungo termine a chi vuole o ne necessita di più.
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche” o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Bibliografia.
Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a Seduta Singola: Principi e pratiche. Firenze: Giunti Editore.
Bloom, B. L. (1992). Bloom’s focused single-session therapy. In Planned short-term psychotherapy:
A clinical handbook (2nd ed., pp. 97–121). Boston, MA: Allyn and Bacon.
Bloom, B. L. (1981). Focused single-session therapy: Initial development and evaluation. In S. H. Budman (Ed.), Forms of brief therapy (pp. 167–216). New York, NY: Guilford.
Bobele, M., & Slive, A. (2014). One session at a time: When you have a whole hour. In M. F. Hoyt & M. Talmon (Eds.), Capturing the moment: Single session therapy and walk-in services (pp. 95–120). Bethel, CT: Crown House.
Budman, S. H., & Gurman, A. (1988). Theory and practice of brief therapy. New York, NY: Guilford.
Duncan, B. L., & Miller, S. D. (2000). The heroic client: Doing client-directed, outcomeoriented therapy. San Francisco, CA: Jossey-Bass.
Duvall, J., Young, K., & Kayes-Burden, A. (2012). No more, no less: Brief mental health services for children and youth. www.excellenceforchildren.com
Hoyt, M., Bobele, M., Slive, A., Young, J., & Talmon, M. (2018). Single-session therapy by walk-in or appointment: Administrative, clinical, and supervisory aspects of one-ata- time services. New York, NY: Routledge.
Hoyt, M. F., Rosenbaum, R., & Talmon, M. (1992). Planned single-session psychotherapy. In S. H. Budman, M. F. Hoyt, & S. Friedman (Eds.), The first session in brief therapy (pp. 59–86). New York, NY: Guilford.
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Hoyt, M. F., & Talmon, M. (2018). Prefazione [Preface]. In F. Cannistrà & F. Piccirilli, Terapia a seduta singola. Principi e pratiche [Single-session therapy. Principles and practices] (pp. 9–14). Florence, Italy: Giunti.
Lambert, M. (1992). Psychotherapy outcome research. In J. C. Norcross & M. R. Goldfried (Eds.), Handbook of psychotherapy integration (pp. 94–129). New York, NY: Basic Books.
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Rosenbaum, R. (2008). Psychotherapy is not short or long. Monitor on Psychology, 39(7), 4–8.
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Young, K., Dick, M., Herring, K., & Lee, J. (2008). From waiting lists to walk-in: Stories from a walk-in therapy clinic. Journal of Systemic Therapies, 27(1), 67–83.
Young, K.& Jebreen, J. (2019). Recognizing Single-Session Therapy as psychotherapy, Journal of Systemic Therapies, 38(4), 31–44.