Emergenza Covid – 19 e Terapia a Seduta Singola: la TSS e il modello RAPID Psychological First Aid Johns Hopkins

Emergenza Covid – 19 e Terapia a Seduta Singola: la TSS e il modello RAPID Psychological First Aid Johns Hopkins

Con l’articolo di oggi approfondiremo il tema dell’emergenza e di come la TSS possa adattarsi a modelli d’intervento di pronto soccorso psicologico, soffermandoci in modo particolare sul modello RAPID Psychological First Aid Johns Hopkins (Everly & Lating, 2017).

In poche settimane l’intero pianeta si è trovato a gestire un’emergenza sconvolgente come quella del Covid-19, costringendo tutti, nessuno escluso! (giovani, anziani, adulti, bambini, paesi organizzati e economicamente avanzati e paesi in via di sviluppo!) a cambiare le proprie abitudini di vita quotidiana, sociale e lavorativa compresa quella degli psicologi.

 

Questi ultimi come hanno risposto all’emergenza?

La gran parte dei professionisti ha fronteggiato l’emergenza in due modi:

  • da un lato, mettendo a disposizione della comunità le proprie competenze per contribuire al contenimento dell’epidemia attraverso la divulgazione di informazioni corrette e attendibili al fine di evitare l’altro pericoloso contagio, quello del panico!
  • dall’altro lato, promuovendo iniziative di supporto psicologico on line nelle sue varie forme. La rimodulazione rapida delle modalità di erogazione dei propri servizi ha avuto l’obiettivo di permettere alle persone di non interrompere bruscamente i loro percorsi o attivarne di nuovi, rispettando le necessarie distanze di sicurezza.

 

Ma ciò può bastare a rispondere realmente alle nuove esigenze che si stanno presentando?

La situazione che stiamo vivendo produrrà dei cambiamenti a lungo termine nelle vite delle persone e gli psicologi si vedranno impegnati anche oltre il momento di emergenza a fornire risposte al passo con le nuove necessità.

Ma fornire interventi adeguati fin dal primo momento di un evento catastrofico e traumatizzante è sicuramente la strada migliore per prevenire lo sviluppo di gravi disagi futuri e aiutare le persone a superare nel più breve tempo possibile la propria sofferenza e dedicarsi con maggiore energia alla ricostruzione della propria vita. 

 

Di quali strumenti lo psicologo quindi dovrà dotarsi per poter rispondere a eventi così improvvisi e drammatici?

Formarsi o essere formati in Terapia a Seduta Singola sicuramente può rappresentare un grande vantaggio per intervenire sulle repentine rivoluzioni che le persone sono costrette ad agire, offrendo un servizio in grado di dare risposte in tempi brevi e economicamente accessibili.

Sappiamo, inoltre, che tale metodo è stato già impiegato in contesti di emergenza con validi risultati (clicca qui).

L’esperienza del virus Covid – 19 ad ogni modo ci sta portando a riflettere su un punto fondamentale ovvero che in futuro si avrà più bisogno di servizi psicologici, in particolare di servizi di pronto soccorso psicologico in grado di supportare le persone e le comunità a reagire in maniera rapida agli eventi.

 

A questo punto allora prendiamo in esame il modello RAPID PFA?

Il pronto soccorso psicologico RAPID PFA è un metodo progettato per mitigare gli effetti dello stress acuto e del trauma in grado di aiutare le persone in crisi a far fronte efficacemente alle avversità. Il metodo però può essere utilizzato anche come strumento di sanità pubblica per rispondere alle esigenze di salute mentale a seguito di incidenti e come mezzo per costruire la resilienza della comunità (Everly & Lating, 2017).

 

Come interviene il RAPID PFA?

Il RAPID PFA non è un processo diagnostico, né un intervento terapeutico. Può essere attuato da personale sanitario, educatori, soccorritori di emergenza, così come da volontari con poca o nessuna formazione nell’ambito della salute mentale.

 

Due però sono gli aspetti salienti che lo psicologo che lo vuole praticare deve tenere a mente: 

  1. La Capacity Surge ovvero la capacità di rispondere a un picco crescente di richiesta di servizi di salute mentale. Sulla scia di un disastro c’è sempre un aumento della domanda di salute mentale. In un’analisi di oltre 160 studi empirici condotti da Fran Norris et al. (2002) risulta che il 41% di questi ultimi ha rivelato che in seguito a un disastro i sopravvissuti riportano una grave compromissione del funzionamento e che la domanda di servizi di salute mentale può variare dal 15 al 25% della popolazione interessata. Di fronte a tali cifre fornire servizi di salute mentale in modi tradizionali evidenzia dei limiti. Ad esempio Beverley Raphael (1990) nel suo libro When Disaster Strike: A Handbook for the Caring Professions, afferma che nelle ore successive a un disastro, almeno il 25% della popolazione potrebbe rimanere stordita, apatica, affetta dalla sindrome del disastro, soprattutto se l’impatto è stato improvviso e totalmente devastante. Per tali ragioni, in queste circostanze lei suggerisce come interventi efficaci il primo soccorso psicologico e il triage.

 

  1. È importante differenziare l’intervento di crisi psicologica e il pronto soccorso psicologico. Quest’ultimo può essere considerato un sottoinsieme dell’intervento psicologico di crisi. Tuttavia entrambi non sono paragonabili alla psicoterapia. Gli obiettivi dell’intervento psicologico di crisi e/o di pronto soccorso psicologico, sono principalmente quelli di stabilizzare e mitigare il disagio acuto, mentre quello della terapia non sarà soltanto quello di aiutare le persone nel momento dell’angoscia acuta, ma di aiutarli anche a sviluppare successivamente le abilità per affrontare ulteriori problemi psicologici. L’intervento di crisi ha dimostrato, inoltre, di essere superiore alla psicoterapia multi-sessione post disastro. In seguito a uno studio condotto dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre a New York City, i ricercatori hanno messo a confronto le due tipologie di intervento e hanno scoperto che l’intervento di crisi e il pronto soccorso psicologico avevano un’efficacia superiore alla psicoterapia multi-sessione.

 

Come si interviene con il RAPID PFA?

Il modello RAPID PFA ha una struttura semplice che può essere applicata in pochi minuti. Di seguito vediamo come si articola:

  • Il primo passo prevede la costruzione del rapporto attraverso l’ascolto riflessivo. Ascoltare attentamente le persone permette di apprendere da loro quali sono i reali bisogni e le indicazioni su come aiutarli. L’errore più grande è quello di arrivare con un’idea preconcetta della soluzione del problema, come se si trattasse di un intervento a taglia unica.

 

  • Il secondo passo è la valutazione. Non si tratta di una diagnosi, ma della capacità di distinguere chi si trova in uno stato di grave angoscia, da coloro che non la manifestano. Questo concetto si rifà a quello di triage adottato nell’ambito medico, in cui è previsto un sistema formalizzato per assegnare le persone ai diversi livelli di assistenza.

 

  • Il terzo passo prevede un intervento diretto per mitigare l’angoscia acuta attraverso l’utilizzo di strategie che possono eliminare il dolore per le avversità subite e aprire la strada al processo di guarigione.

 

  • Il quarto passo prevede la chiusura dell’intervento e il follow-up. Sebbene il primo soccorso psicologico preveda più di un singolo intervento, realisticamente non è sempre possibile praticare questa strada. Pertanto laddove non fosse possibile dare seguito a ulteriori incontri si potrà comunque creare l’opportunità di applicare un follow-up.

 

Conclusioni

L’emergenza del Covid – 19 ha sconvolto l’intero Pianeta. Il virus in maniera invisibile ha costretto milioni di persone a cambiare repentinamente le proprie vite, insinuando paure e angosce per il presente e per il futuro. Le stesse misure previste per proteggere le persone dall’epidemia, come ad esempio il distanziamento sociale, pur garantendo la sicurezza rischiano paradossalmente di favorire lo sviluppo del disagio mentale. In tale situazione di emergenza è necessario essere rapidi e pronti a fornire servizi adatti alle particolari circostanze. La TSS come sappiamo può essere un valido strumento per rispondere in maniera rapida ed estesa all’emergenza. Inoltre se provassimo a immaginare un intervento di salute mentale su un continuum vedremo che la TSS nell’ambito del primo soccorso psicologico potrebbe rappresentare la punta di una lancia. Il primo punto (a volte anche l’ultimo!) di un continuum di quello che dovrebbe essere uno spettro di cure completo.

 

Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche” o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).

Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy

 

Bibliografia

Beverley, R. (1990). When Disaster Strikes: A Handbook for the Caring Professions. Taylor & Francis Books Ltd..

Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a seduta singola: Principi e pratiche. Firenze: Giunti Editore.

Everly G.S. J. & Lating, J. M. (2017). The Johns Hopkins Guide to Psychological First Aid, Johns Hopkins University Press.

Hoyt, M.F. & Talmon, M. (2014b). Editors’ Introduction: Single Session Therapy and Walk-In Services. In M.F. Hoyt & M. Talmon (eds.) (2014a), op. cit., pCapturing the Moment. p. 2-26.

Hoyt, M.F. (2009). Brief pychotherapies: Principles and practices. Phoenix, AZ: Zeig, Tucker & Theisen (Tr. it. Psicoterapie brevi. Principi e pratiche. Roma: CISU).

Norris, F. H., Friedman, M.W.J., Watson, P. J., Byrne, C.M. (2002). 60000 Disaster victims speak: Part I and II. An Empirical Review of the Empirical Literature, 1981–2001, Psychiatry Interpersonal & Biological Processes 65(3):207-39. 

Slive, A. & Bobele, M. (2014). One Session at a time: When you have a Whole Hour. In M.F. Hoyt & M. Talmon (eds.) (2014), op. cit., pp. 95-119.

Talmon, M. (1990). Single Session Therapy. San Francisco: Jossey-Bass (Tr. it. Psicoterapia a seduta singola. Milano: Erickson).

 

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Angelica Giannetti