Ma nella pratica come si realizza la Terapia a Seduta Singola?
Nell’articolo Dove praticare la Terapia a Seduta Singola ho considerato in quali contesti questa cornice sia spendibile e con quali orientamenti possa integrarsi. Ho inoltre declinato, come avrai avuto modo di leggere negli articoli precedenti, Linee Guida e Principi dei 3 principali modelli (Californiano, Canadese e Australiano) che nel Mondo praticano la Terapia a Seduta Singola.
Modelli che si adattano a contesti diversi, che mantenendo un minimo comun denominatore hanno prodotto delle linee operative e degli strumenti propri.
L’esperienza canadese dell’Eastside Family Center
Proviamo ora a scendere nel dettaglio rispetto ad uno strumento utilizzato nella struttura canadese dell’Eastside Family Center, descritto da Slive & Bobele (2014).
Lo strumento descritto viene utilizzato in servizi di walk-in, strutture aperte dove le persone possono accedere senza appuntamento per richiedere una consulenza, come ha già scritto Flavio Cannistrà nell’articolo Psicoterapia ad accesso diretto: la logica e i vantaggi dei walk-in services.
Altra caratteristica dei walk-in è che la persona, nella maggioranza dei casi vista per un’unica sessione, può ripresentarsi al Servizio ma non necessariamente, anzi raramente, incontrerà lo stesso professionista che l’ha accolta la prima volta.
Questi servizi sono caratterizzati da un lavoro di gruppo, gestito da un’équipe di 6 professionisti più un supervisore che governa il processo. Gli operatori impegnati possono essere composti, oltre che da professionisti della relazione di aiuto, da studenti e volontari che dedicano tempo alla comunità acquisendo esperienza e competenza.
Il professionista a volte è affiancato in stanza da un co-terapeuta, altre volte agisce da solo nella stanza, mentre il supervisore e gli altri membri dello staff hanno l’opportunità di seguire la seduta da dietro uno specchio unidirezionale oppure mediante dei monitor collegati a telecamere a circuito chiuso.
Durante la seduta lo staff ha modo di riunirsi per confrontarsi, muovere osservazioni e definire un piano di azione coerente e congruo con la situazione presentata dalla persona.
Molta attenzione in questa walk-in clinic è data allo spazio di accoglienza. Quando le persone entrano sono accolte in una sala di attesa molto confortevole: l’idea di fondo è mettere le persone fin da subito in una condizione di rilassatezza e tranquillità prima dell’inizio della sessione di lavoro.
Più avanti parleremo più nel dettaglio dell’Eastside, ma ora vogliamo concentrarci su un punto particolare, che chiunque – anche il libero professionista – può utilizzare nel proprio lavoro per facilitare l’attuazione di una Seduta Singola (e quindi per trarre il massimo da ogni incontro). Le persone sono invitate a compilare un questionario nella sala d’attesa, da un membro dello staff, e nel frattempo gli altri membri dell’équipe preparano la sessione.
L’utilità del questionario
Il questionario serve a raccogliere i dati anagrafici, chiedere l’autorizzazione alla persona ad essere osservata dallo staff e videoregistrata e ad indagare il livello di stress percepito dalla persona rispetto alla situazione, misurato su una scala che va da 1 a 10. Ci vogliono pochi minuti e il suo valore è molto alto.
Vediamo insieme il breve questionario proposto da Slive & Bobele, commentandolo per capirne l’utilità. È composto da 7 semplici domande (6 aperte e 1 su scala Likert) e, come vedrai, puoi tranquillamente riprenderle anche tu, stamparle e proporle al tuo cliente cinque minuti prima di cominciare la seduta.
- Quale è la singola questione (preoccupazione) che ritiene più importante e della quale vorrebbe discutere oggi?
Dato che, come abbiamo visto nell’articolo sulle linee guida, è fondamentale definire un obiettivo preciso per massimizzare l’efficacia di ogni singola seduta, il questionario, ancora prima che la seduta abbia inizio, comincia a orientare la percezione della persona verso tale obiettivo, per avere un focus chiaro e circoscritto sul quale intende lavorare nel qui ed ora. Circoscrivere permette di non lasciarsi andare a divagazioni ed avere sempre chiara la rotta sulla quale rimanere rispetto alla richiesta esplicitata dall’interlocutore. Si evidenzia il tempo presente, restando sul qui ed ora. Inoltre, considera che stabilire un obiettivo preciso incide positivamente sulla relazione terapeutica (Norcross, 2010) e permette di stabilirla con più velocità.
- Secondo lei cosa è importante sapere, in termini di aspetti passati e retroscena, su questa preoccupazione?
La domanda dà un peso specifico al passato chiedendo alla persona i retroscena salienti, presenti o passati, che possano essere connessi con l’attuale preoccupazione. Cosi facendo la persona è orientata a definire aspetti prioritari e connessioni, a suo avviso fondamentali, che è necessario tenere in considerazione e non ha la sensazione che ci si dimentichi della sua storia.
- Su una scala da 1 a 10, dove 10 è punteggio migliore e 1 è il punteggio peggiore, come vanno le cose nella vostra vita di oggi?
Si aiuta la persona a dare un’indicazione oggettiva al livello di stress indotto dalla preoccupazione vissuta; la scala sarà anche un buon indicatore utilizzabile nella valutazione di follow up, prevista nella Terapia a Seduta Singola dopo 2/3 settimane. Questa domanda riprende la tecnica della scala, ampiamente utilizzata all’interno della Terapia Centrata sulla Soluzione (De Shazer & Dolan, 2007).
- Ha mai fatto precedentemente una consulenza? Si/No. Quale è stata la cosa più e quella meno utile di questa esperienza precedente?
La domanda permette di indagare, laddove fossero stati svolti colloqui precedenti, eventuali strategie o manovre utili oppure da evitare, considerando quindi quali aspetti utilizzare per favorire il cambiamento.
- Cosa rispetterebbero ed ammirerebbero in te gli altri se avessero anni o mesi per conoscerti?
La domanda permette alla persona di offrire spazio alla considerazione delle proprie risorse piuttosto che focalizzarsi sul problema o disagio, valorizzando i punti di forza. Essendo la Terapia a Seduta Singola una metodologia resource based e strength oriented un questionario che permetta di cominciare a orientare la percezione della persona sulle proprie risorse, e a esprimerne alcune che potranno poi essere usate in seduta, si rivela prezioso.
- Cosa rispetterebbero ed ambirebbero gli altri in tuo figlio (o figli) se avessero mesi o anni per poterli conoscere?
La domanda offre spazio alle competenze della persona ed al ruolo svolto, riproponendo ancora una volta una puntualizzazione delle risorse piuttosto che dei limiti. Si noti che non è importante che la persona abbia o meno dei figli: questa domanda serve per elicitare i suoi valori, per farle immaginare uno scenario futuro, una direzione verso cui tendere.
- Per molte persone, una singola sessione con un consulente è sufficiente per fare un primo passo. Quale sarebbe il più piccolo cambiamento che le farebbe dire che si sta andando nella direzione giusta?
La persona è messa nella condizione di sapere che una singola sessione di lavoro può essere sufficiente, cosi come è stato per molte altre persone. Questo favorisce l’aspettativa della persona e la fiducia nella possibilità di farcela (secondo diverse ricerche l’aspettativa di un cambiamento positivo influisce significativamente sull’esito della terapia – Asay & Lambert, 1999). La si orienta a cercare un cambiamento di natura tangibile che possa essere un indicatore del suo procedere, producendo una volta ottenuto un effetto a valanga che farà proseguire, anche in autonomia, il percorso verso l’obiettivo desiderato ed il cambiamento ambito.
Federico Piccirilli
Psicologo, Psicoterapeuta
Co-founder dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Bibliografia
Asay, T. P., & Lambert, M. J. (1999). The empirical case for the common factors in therapy: Quantitative findings. In M. A. Hubble, B. L. Duncan, & S. D. Miller (Eds.), The heart and soul of change: What works in therapy (pp. 33–56). Washington, DC: American Psychological Association.
De Shazer, S. & Dolan, Y. (2007). More Than Miracles: The State of the Art of Solution-Focused Brief Therapy. New York: Routledge.
Hoyt, M.F. & Talmon, M. (eds.) (2014). Capturing the Moment. Single Session Therapy and Walk-In Services. Bancyfelin, UK: Crown House.
McElheran, N., Stewartm J., Soenen, D., Newman & J., Bruce, M. (2014b). Walk-in Single Session Therapy at The Eastside. In M.F. Hoyt & M. Talmon (eds.) (2014a), op. cit., pp. 177-194.
Miller, J.K. (2008). Walk-in single session team therapy: A study of client satisfaction. Journal of Systemic Therapies, 27, 78-94.
Norcross, J. C. (Ed.) (2011). Psychotherapy Relationships That Work: Evidence-Based Responsiveness. London: Oxford University Press.
Short, D., Erickson, B.A., and Erickson-Klein, R. (2005). Hope and resilience. Understanding psycotherapies strategies of Milton H. Erickson. Carmarthen, Crown House Publishing Limited.
Slive, A. & Bobele, M. (2014). Walk-in Single Session Therapy: Accesible Mental Healt Services. In M.F. Hoyt & M. Talmon (eds.) (2014), op. cit., pp. 73-94.