Dalla scoperta della Terapia a Seduta Singola negli anni ’80 – con i primi studi di M. Talmon, M. F. Hoyt e R. Rosenbaum presso il Kaiser Permanente di Oakland in California (Talmon, 1990) – ad oggi, le ricerche sulla Terapia a Seduta Singola si sono ampliate, attraversando diverse fasi.
La TSS nel corso degli anni si è sviluppata, trovando spazi di applicazione in diversi contesti (pubblico e privato), con differenti approcci terapeutici e in molteplici ambiti d’intervento (salute mentale, famiglie, emergenza, lavoro) al punto da rendere necessario un continuo e sistematico lavoro di ricerca e verifica dei risultati per affermarne la sua utilità ed efficacia come metodo d’intervento.
L’obiettivo di questo articolo, quindi, sarà quello di fornire una breve rassegna di alcune recenti ricerche svolte in ambito internazionale sulla TSS che ne evidenziano l’utilità rispetto ad altre forme di trattamento prolungate o rispetto a specifici ambiti di trattamento.
3 tipologie di Terapia a Seduta Singola
Prima di procedere alla rassegna delle indagini più recenti è importante ricordare che dai primi studi condotti dal gruppo di Talmon, Hoyt e Rosenbaum e da altri importanti studiosi (Kogan, 1957a, 1957b, 1957c; Brandt, 1965; Baekeland & Lundwall, 1975; Spoerl, 1975; Koss, 1979; Pekarik, 1992a, 1992b; Kaffman, 1995; Bloom, 1975, 2001;) in cui si era partiti dall’analisi dei droup out (per approfondimenti vedi articolo), la ricerca ha pianificato il suo obiettivo e ha ampliato lo spettro della sua indagine, verificando l’efficacia di tale metodo d’intervento rispetto alla procedura, alle problematiche con cui viene utilizzata, alla tipologia di pazienti e al setting d’intervento.
Per quanto riguarda l’aspetto procedurale Talmon (1990) ha classificato 3 tipologie di Terapia a Seduta Singola, offrendo così una importante direzione d’indagine:
- la TSS pianificata, in cui il terapeuta fissa con il cliente un solo incontro fin dall’inizio;
- la TSS non pianificata, che avviene quando all’inizio o alla fine della consulenza il terapeuta e il cliente decidono insieme che gli obiettivi sono stati raggiunti e non sono necessarie altre sessioni;
- la TSS come risultato dell’interruzione prematura del trattamento da parte del cliente che annulla o non si presenta all’appuntamento, definita nella maggior parte dei casi come drop-out.
Rispetto a queste indagini invitiamo il lettore ad approfondire sull’articolo 3 tipi di Terapia a Seduta Singola, mentre di seguito ci occuperemo delle prime due categorie.
La ricerca sulla TSS programmata
Dalle indagini iniziali svolte su interviste di follow up di terapie di una sola sessione programmata emerse che dopo una sola sessione era possibile ottenere dei miglioramenti e raggiungere i propri obiettivi. A sostegno di questa affermazione troviamo le analisi sulle interviste di follow-up condotte da Talmon (1990) e il suo team su clienti che avevano ricevuto un singolo trattamento programmato e lo studio di verifica di questa indagine condotto da Kaffman (1995). Per approfondire si veda l’articolo La prima ricerca in Terapia a Seduta Singola.
Successivamente, anche altre ricerche hanno evidenziato che una singola sessione di terapia programmata può essere efficace quanto interventi lunghi e costosi (Baer, Marlatt, Kivlahan, Fromme, and Larimer, 1992).
Bloom nella una sua meta-analisi ha riscontrato che un singolo intervento potrebbe essere efficace come una psicoterapia a lungo termine, inoltre secondo l’autore i risultati della psicoterapia a breve termine programmata e la terapia a tempo illimitato sono generalmente gli stessi (Bloom, 1997).
Alcune ricerche più recenti sulla terapia breve hanno riscontrato inoltre che tra il 50 e il 70% dei clienti mostra miglioramenti positivi dopo aver partecipato a una o due sessioni (Barkham et al, 2006; Cahill et al., 2003). Si veda l’articolo I vantaggi delle terapie brevi: i migliori risultati si ottengono all’inizio.
Secondo altre ricerche la TSS risulta essere utile ed efficace nel trattamento di problematiche specifiche (es. fobie specifiche, PTSD, problemi dell’infanzia e dell’adolescenza, disturbi del sonno, problematiche di natura ansiosa, ecc.; sull’argomento abbiamo scritto diversi articoli, eccone alcuni: per alcune strutture/servizi; nelle calamità naturali; per specifici problemi) in specifici ambiti di intervento (es. terapia familiare, di coppia e individuale) e nel lavoro con determinate categorie di persone (es. bambini e adolescenti, adulti, lavoratori, ecc. – abbiamo scritto un articolo per la declinazione della TSS con particolari categorie di utenti) (Oest,1989; Lokshin, Lindgren, Wweinberger & Koviach,1991; Meanwhile, Campbell, 1999; Coverly, Garralda, Bowman, 1995).
La Terapia a Seduta Singola può essere usata sia per un intervento diretto che indiretto. Per fare un esempio, in recenti studi con le famiglie è stato riscontrato che dopo una singola sessione programmata i familiari di bambini con problematiche di comportamento hanno reazioni molto positive al trattamento, si percepiscono meno stressati e più capaci di trattare le difficoltà di comportamento dei propri bambini; inoltre, il livello di soddisfazione è alto e le singole consulenze vengono considerate utili o alquanto utili.(Sommers – Flanagan, 2007; Goodman e Happel, 2007; Perkins, 2006).
Ulteriori risultati dalle TSS “Non Programmate”
Hoyt (2009) ha osservato che è comune per gli psicoterapeuti osservare clienti che finiscono la terapia come se fosse un “una rinuncia anticipata”. Ma ci sono sempre più prove che suggeriscono che i clienti sono soddisfatti del risultato ottenuto con una sessione e non hanno bisogno di tornare.
Tra i principali motivi per i quali i clienti scelgono di terminare prima la terapia, spesso dopo una sola seduta, al primo posto c’è proprio “l’aver risolto il problema”; seguono le variabili esterne che impediscono l’accesso al trattamento e l’insoddisfazione del trattamento, e altro (Barret, Chua, Crits-Cristoph, Gibbons & Thompson, 2008; Pekarik, 1992a).
Infine in alcune ricerche sulle terapie brevi è stata esplorata la relazione tra la lunghezza della terapia, risultati e soddisfazione del cliente (Pekarik 1992b). Da queste indagini si è giunti alle conclusioni che l’aspettativa di un cliente sulla terapia influenza direttamente la sua lunghezza o durata (Battino, 2007).
Conclusioni
Sulla base di questa breve panoramica su alcune delle indagini condotte recentemente sulla Terapia a Seduta Singola, si può giungere alla conclusione che questo metodo di intervento può essere considerato una efficiente ed efficace prima forma di trattamento che può essere applicato in alternativa a trattamenti più lunghi e costosi in diversi setting, con diverse problematiche e con diverse persone.
Non solo.
Come mostrano gli studi, in molti casi (tra il 60 e l’80%) una sola seduta si rivela anche l’unica necessaria. In più, nei nostri studi presso l’Italian Center for Single Session Therapy stiamo osservando che l’idea che una seduta potrebbe essere sufficiente avvicina più facilmente la persona al trattamento la quale, se in una seduta non riuscisse a risolvere il proprio problema, è spontaneamente portata a chiedere delle consultazioni successive.
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Angelica Giannetti
Psicologa, Psicoterapeuta
Team dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Bibliografia
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