Con l’articolo di oggi vogliamo approfondire quelle che vengono considerate le critiche e obiezioni all’uso ed efficacia della Terapia a Seduta Singola come metodologia in ambito psicologico.
Quali sono le principali critiche rivolte alla TSS?
Le perplessità che la TSS suscita sono diverse, soprattutto agli addetti ai lavori. Possiamo riassumerle in domande e risposte.
Come è possibile che si possa fare un intervento di successo in una sola seduta?
Questa è l’osservazione più ricorrente. Ci si domanda come possa avvenire un cambiamento in un tempo così limitato.
Presto detto: la ricerca ha mostrato in modo chiaro che un cambiamento può verificarsi in un tempo molto limitato, come quello di una seduta, prendendo spunto dai cambiamenti che avvengono al di fuori della terapia. Le persone, infatti, sono in grado di affrontare e risolvere innumerevoli problemi ogni giorno, senza ricorrere alla terapia, e lo fanno in tempi brevi. Solo quando non riescono autonomamente richiedono l’aiuto psicologico.
Inoltre, la TSS è focalizzata nel trarre il massimo da ogni singolo incontro, anche se non necessariamente da un solo incontro. Ciò significa che un focus su obiettivi e risorse del cliente, in un “contesto di competenza” permette di ottenere un incontro efficace (Hoyt, Talmon, 2018), nel momento in cui il cliente è pronto. Lo si fa identificando con lui le azioni da mettere in atto e amplificando ciò che già fa, utile alla risoluzione della problematica.
La TSS risolve solo piccoli problemi?
È cosa comune pensare che per risolvere grandi problematiche ci sia bisogno di lunghi e faticosi percorsi di terapia, tanto più lunghi quanto più radicata e “grave” la situazione del cliente. Ciò che la TSS fa, piuttosto, è partire dal problema nella sua declinazione più semplice e stabilire l’obiettivo della singola seduta.
Anche con problematiche importanti si riduce la difficoltà del problema in piccoli e più semplici componenti, perché si possa innescare il cambiamento.
I risultati di un intervento breve sono altrettanto brevi?
Diverse sono state le ricerche in merito e certamente molte ancora sono necessarie. Ciò che sappiamo attualmente è che l’utilizzo della TSS si è rivelato utile ed efficace sia quando programmato che non.
Uno studio condotto da Talmon, Rosemnbaum e Hoyt (1988) ha mostrato come una grandissima percentuale di chi aveva tratto un significativo miglioramento da un’unica seduta aveva mantenuto i risultati a 3, 6 e 12 mesi. Successivamente altre analisi hanno approfondito la questione riportando risultati analoghi. Nella revisione di Campbell del 2012, ad esempio, i risultati della terapia si protraggono con follow-up fino a tre anni.
In alcuni casi il mantenimento dei risultati al follow-up è stato possibile senza alcun ricorso alla terapia, mentre per altri è stato possibile grazie al ricorso a uno o due incontri ulteriori.
Si tratta di una terapia intermittente?
La TSS prevede che ogni incontro sia completo in sé e che fornisca alla persona degli strumenti utili già alla fine dell’incontro affinché, una volta fuori dalla seduta, essa possa iniziare un processo di cambiamento. È possibile che sia sufficiente un singolo incontro o che ci sia bisogno di vedersi ancora, in accordo con il paziente a cui viene chiesto cosa ritiene più utile per lui.
La porta rimane sempre aperta. Ciò significa che in qualunque momento la persona, anche a distanza di tempo, può tornare per affrontare la difficoltà già nota od altro. Si tratta piuttosto di una “terapia al bisogno”.
È un metodo nuovo?
Differentemente dalla credenza comune, la Terapia a Seduta Singola è stata utilizzata molto prima di quanto si possa pensare. Gli esordi si possono ricondurre addirittura a Freud che, per cause di forza maggiore, condusse alcuni casi in modo breve. Tanti altri sono gli esperti che nel corso della loro carriera hanno utilizzato questa metodologia, seppur in maniera non strutturata. Sarà poi con il lavoro di Talmon, Hoyt e Rosenbaum, negli anni ‘90, che si arrivò ad una prima definizione e alle diverse evoluzioni successive.
Si tratta quindi di un metodo non così nuovo come molti professionisti stessi credono. Il suo sviluppo e il suo successo risiede nell’essere una tecnica d’intervento che ben si integra alle diverse scuole di pensiero psicologiche.
In conclusione
La TSS non ha la pretesa di essere considerata la migliore metodologia in ambito psicologico. Dal canto suo, ha la possibilità di affermarsi come metodo valido ed efficace, comprovato da numerose ricerche. Inoltre, si inserisce in un contesto, quello attuale, in cui sempre più persone ricercano un aiuto immediato, con un dispendio economico meno impegnativo. Tempo e denaro sono quindi risparmiati a vantaggio del benessere psicologico.
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a Seduta Singola. Principi e pratiche” o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Giada Mastrogregori
Psicologa
Bibliografia
Hoyt, M. F., Talmon, M. (2018). Prefazione al libro Terapia a Seduta Singola: Principi e pratiche. Giunti Editore.
Cannistrà, F., & Piccirilli, F. (2018). Terapia a Seduta Singola: Principi e pratiche. Giunti Editore.
Talmon M., Hoyt M. F., Rosenbaum R. (1988). When the first session is the last: A map for rapid therapeutic change. Symposium presented at the Fourth International Congress on Ericksonian Approaches to Hypnosis and Psychotherapy, “Brief Therapy: Myths, Methods, and Metaphors”, San Francisco.
Campbell A. (2012), Single-session approaches to therapy: time to review. Australian and New Zeland Journal of Family Therapy.