Quando si parla di Terapia a Seduta Singola si possono configurare tre possibili scenari, a partire dalla stessa impostazione dell’intervento terapeutico.
In estrema sintesi, rifacendoci alla classica suddivisione di Talmon (1990), possiamo dire che essenzialmente una TSS può essere di 3 tipi:
1) Concordata: in questo caso, sia il paziente che il terapeuta sono consapevoli che quella potrebbe essere la loro unica seduta. È necessario sottolineare il condizionale “potrebbe”: sebbene entrambi concordino che quella sarà una seduta unica (accordo che generalmente si prende al termine dell’incontro), non significa che non si faranno siano altre sedute, infatti il paziente potrebbe voler tornare e generalmente è bene dargli questa possibilità.
Un dato interessante, è che in questa forma alcune strutture sanitarie che erogano TSS danno al paziente la possibilità di tornare e vedere lo stesso terapeuta; altre specificano che il terapeuta successivo potrebbe essere un altro, a seconda delle disponibilità: per quanto suoni strana questa opzione, in realtà non influisce sul risultato delle sedute singole.
Comunque, a prescindere da ciò, questa è la forma migliore di TSS, poiché sia il paziente che il terapeuta sono consapevoli e d’accordo sul fare una singola seduta: l’impegno di entrambi è focalizzato a trarre dall’incontro terapeutico il massimo possibile, e la seduta avrà una struttura e un’organicità tale da poter “stare in piedi” da sola.
2) Su iniziativa del paziente: in questo caso è il paziente che decide di smettere dopo una sola seduta. Questa era la forma di Seduta Singola più comune prima che la TSS cominciasse a essere utilizzata con più consapevolezza. Spesso si considerano questi casi degli “insuccessi”, nel senso che non si è riuscito a produrre alcun beneficio o miglioramento per la persona. Benché alcuni di essi certamente lo siano, di fatto una media del 50% ritiene una sola seduta più che necessaria per le proprie esigenze (si veda la rassegna su Hoyt & Talmon, 2014).
Questi dati invitano a ripensare radicalmente al possibile significato del “drop out”, non per illudersi che ogni drop out sia automaticamente un successo, ma come stimolo per comprendere meglio quali siano gli elementi che fanno sì che ogni singola seduta possa produrre il cambiamento desiderato.
3) Su iniziativa del terapeuta: in questo caso, è il terapeuta a non fissare un altro appuntamento, anche se il paziente lo desidera. Solitamente avviene quando il terapeuta reputa che il problema presentato “non sia poi così grave”, che faccia parte “delle normali difficoltà della vita”, o che il paziente “non è adatto alla sua psicoterapia”. È meno desiderata della TSS Concordata, perché il paziente potrebbe uscire con l’idea di non essere stato capito, o di non avere ancora le risorse per risolvere il problema .
Tuttavia, rispetto a quest’ultima modalità possiamo fare alcune osservazioni. Infatti, nell’esperienza dell’Italian Center for Single Session Therapy stiamo studiando due applicazioni di quest’ultimo tipo di TSS:
- Prima applicazione: quando si reputa che il paziente potrebbe aver acquisito le risorse necessarie a risolvere il problema già in quella prima seduta, benché non ne sia convinto. In questo caso gli viene detto che, a parere del terapeuta, potrebbe non essere necessario un altro incontro, ma si lascia scegliere a lui, con la possibilità di chiamare per una seduta successiva.
Sebbene i dati iniziali siano ancora pochi per mostrare dei numeri, si osservano in questo caso 2 interessanti tendenze.
La prima è che alcune persone seguono il suggerimento del terapeuta e non chiedono subito un appuntamento: successivamente, solo alcuni di questi richiamano per un secondo incontro. La “profezia” del terapeuta si avvera, nel senso che anche il cliente si rende conto di aver acquisito le risorse necessarie per superare il proprio problema.
La seconda riguarda coloro che, nonostante il parere del terapeuta, chiedono subito un secondo incontro: in questo caso può capitare che la terapia continui con altri incontri, ma spesso capita anche che, al secondo incontro, la persona ritiene di stare molto meglio e di non avere effettivamente più bisogno della terapia. - Seconda applicazione: usata in modo più strategico, con quei pazienti che in prima seduta si reputa non abbiano una forte motivazione al cambiamento, o con i quali si reputa di non essere riusciti a stabilire una relazione abbastanza forte, e che si teme possano abbandonare spontaneamente la seduta. In questo caso si anticipa la possibilità di un drop out e si dice esplicitamente al paziente che non si darà una seconda seduta, chiedendogli di prendersi qualche giorno prima di decidere se tornare.
I primi dati, benché basati su un numero ancora troppo ristretto di persone, mostrano che la maggior parte di coloro a cui viene data questa possibilità (57%) sceglie di tornare e di proseguire la psicoterapia. E su coloro che non tornano stiamo conducendo i follow up per capire quanti, con quell’unica seduta, hanno trovato beneficio.
In conclusione, il terapeuta che vuole integrare la TSS può chiedere al paziente, alla fine della seduta, se ritiene necessario fare altri incontri. Fondamentale è partire dall’aspettativa che un incontro può essere sufficiente (si veda l’articolo La forma mentis da adottare per una Terapia a Seduta Singola) e, ovviamente, agire in quella seduta concependola come completa, cioè con l’idea di non lasciare nulla in sospeso rispetto al focus che ci si è dati (si veda l’articolo 10 principi generali per cominciare a praticare la Terapia a Seduta Singola).
Ma in generale, vogliamo ricordare che la TSS è una modalità chiave per potenziare ogni singolo incontro, anche in tutte quelle occasioni in cui si ritiene, d’accordo con la persona, che siano necessari più incontri per aiutarla a risolvere il proprio problema. Più avanti continueremo ad approfondire questo tema e i modi in cui integrare la TSS nella propria pratica.
Flavio Cannistrà e Tania Da Ros
Psicologi, Psicoterapeuti
Founder e Trainer dell’Italian Center
for Single Session Therapy
Se vuoi saperne di più sulla Terapia a Seduta Singola e approfondire il metodo, puoi leggere il nostro link (clicca qui) “Terapia a seduta singola. Principi e pratiche”o partecipare a uno dei nostri workshop (clicca qui).
Bibliografia
Hoyt, M.F. & Talmon, M. (eds.) (2014a). Single Session Therapy and Walk-In Services. Bancyfelin, UK: Crown House (in traduzione).
Talmon, M. (1990). Single Session Therapy. San Francisco: Jossey-Bass (Tr. it. Psicoterapia a seduta singola. Milano: Erickson).